lunedì 1 agosto 2011

Un viaggio si è concluso e uno nuovo se ne apre con nuove visioni in valigia

Poi capita di far recensioni


E’ dal posto in cui mi trovo con me stessa che un libro varca la soglia della mia lettura e della mia vita. E il momento della scelta e non è mai casuale. E’ la ricerca che nasce dal desiderio di allargare l’orizzonte della mia vita, nutrendo ciò che sento come bisogno, anche di ciò che non conosco ancora.
Dopo un lutto, che elaboro ancora, senza fretta, dopo la fase più difficile in cui anche solo sentire la parola piacere era una ribellione totale, il respiro ha cominciato a farsi più lungo, i muscoli più distesi e la mente più sgombra. S’è creato uno spazio. Uno spazio di lieve curiosità, in altra parole la vitalità ha ripreso a scorrere e puntuali ecco arrivare stimoli, aperture e possibilità. In questo “luogo interiore” è arrivata Evelyne Bissone Jeufroy col suo libro "Quattro piaceri al giorno, come minimo!" Di Renzo editore
Si, perché è lo scrittore che incontro  prima del contenuto.
Evelyne (amichevolmente), trovo abbia avuto coraggio nel presentare una visione che incontra ancora critiche e porte chiuse perché troppo poco “scientifica” . Il tempo, di cui c’è sempre bisogno, farà il suo corso e anche nel mondo accademico ci saranno trasformazioni, ovviamente anche grazie ad autori e professionisti che s’impegnano a scriverne. I casi clinici e di vita di cui racconta non sono prove della veridicità del metodo, o meglio, sarebbe meglio non leggerli in questo modo (anche se credo che Evelyne se ne serva per suffragare la sua pratica) ma come appunti di viaggio da cui lasciarsi toccare se anche solo qualche parola o fatto risuona nella nostra esistenza. Come un tocco lieve che può accendere una curiosità, una domanda che non ci si è mai posti, un dubbio rispetto ad una convinzione consolidata. 
Questo libro è una possibilità. E’ così che l’ho letto.  
Laddove scorre troppo velocemente e non approfondisce i tanti passaggi del percorso della persona di cui sta narrando, è proprio in quello spazio vuoto che il lettore/individuo  può  muoversi  liberamente, senza spinte da parte della terapeuta/scrittrice e chiedersi magari che senso hanno per  lui quelle righe. E’ in questo spazio che apprezzo Evelyne come terapeuta perché non invadente con la sua personalità, ma capace di tracciare un contenitore sicuro entro cui il paziente può cercare, sperimentare, sbagliare, anche perdersi per ritrovarsi sulle sue gambe. Evelyne la consiglierei come terapeuta ed anche il suo piccolo libro.
A me sta servendo.
Questo libro arriva dopo “Uscire dal lutto” e non è un caso. Perché andare nel proprio vero piacere, nella gioia, nell’apprezzamento e nella soddisfazione è un percorso, non è né un metodo né qualcosa che si trova là fuori acquistabile o da assumere. Il piacere va cercato dentro e tirato fuori con una mole di coraggio enorme, perché prendersi la responsabilità in mano della propria vita è difficile, doloroso e faticoso. Ma se ciò che si trova è la nostra essenza, chi siamo veramente, allora intraprendere questo  viaggio ne sarà valsa la pena.
I due testi andrebbero letti assieme e questo non so come possa funzionare dal punto di vista editoriale, ma varrebbe la pena pensarci e trovare una bella soluzione creativa.
E ora una parola per l’editore. Bravo! Grazie per questo spazio, che in quanto tale può essere riempito lasciando sempre dei meandri in cui chi ha qualcosa da narrare possa farlo per continuare questo avventuroso viaggio che è la vita.
Francesca Perlini

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