martedì 28 febbraio 2012

Grazie, ex voto e nicchie: Villa del Monte

Villa del Monte (foto di Francesca Perlini)


...Al trivio, in salita c’è il camposanto. Non è morire che è difficile, lo è la strada dell’accompagnarsi, come un’arrampicata a cui manca la vetta. Villa del Monte è sulla strada piana.
Come spesso mi accade, le strade minori già ad imboccarle hanno il gusto dello stupore e se un po’ di pace faccio con me, passano al sapore della fiducia per aver preso una strada.
Forse, e mi piace darmi un’illusione, sempre che lo sia, la voce dei paesi la sento e scoprirò solo alla fine che non avrò mai preso a caso nessuna strada, ma avrò risposto ad un richiamo, il canto intimo e straziato dell’aver perso se stessi, che nei paesi è il dolore di aver perso chi li abita.
Come quell'orfano che è stato abbandonato dall’inizio, dalle fasce strette senza sentimento.
Oggi un paese è spesso come un vestito senza corpo e quando c’è, è così inconsapevole da esser fantasma.
L’arrivo a Villa del Monte dovrebbe “disturbarmi”, un crinale di versanti fatti di buona campagna, stonato di ville sole con piccole strisce di giardini che son monumenti all’individualismo, eppure mi fermo. Scendo dall’auto dopo un breve giro più per esser sicura che un senso a entrare nel paese lo sento.
L’aria è stranamente felice, non trovo la desolazione solita. Le donne sono in strada, insieme, fasciate nei grembiuli, stanno discutendo di quantità, tra neve e cucina senza distinzioni. 

                                               un breve stralcio dal racconto "Grazie ex voto e nicchie: Villa del Monte"