sabato 27 agosto 2011

Gli indizi della vita




Una prova indiziaria è un oggetto e un’azione, uniti dalla ricerca della verità. E’ ciò che li lega che fa la differenza:  l’intenzione.
Ma ora è il tempo degli indizi, le prove le sto cercando, ma costantemente bocciate dal mio dubbio, dal dubbio che non siano poi così vere quelle che considero prove. Ecco che dal rango di prove, decisamente più alto, scendono a quello dell’ indizio e la verità non fa che essere distante.  Allora, come sciogliere quel grumo inesorabile di dubbio che fa di ogni cosa che accade un probabile “effetto” della causa? Dove sono  la certezza, la sicurezza…la verità?
Qui dovrebbe o potrebbe partire la storia “anni fa, quando ero o avevo…” l’unica certezza è l’imperfetto, perché un punto di partenza ci vuole, una sponda anche al nemico si da, ma qui non c’è neanche quella, lo dice anche il tempo, imperfetto. Se metto radici nel tempo, in un momento qualsiasi della mia storia, devo usare un tempo vago, più o meno là, con l’agguato della memoria che per essere tale è confondibile e avvezza a dimenticarsi.
Da dove partire allora? Che la trappola della ricerca sia insita nella partenza?
Per trovare la verità, il coraggio sta nel perdersi completamente. Non ci sono partenze, sponde, approdi . C’è la perdita,  il coraggio di attraversarla o nessun’altra possibilità se non questa, e il navigare a vista, l’ignoto e ancora il dubbio  come carburante. Si che ci vorrebbe l’entrata di qualcosa di…almeno ironico, se non proprio comico, perché neanche il più eroico dei cercatori di verità ce la farebbe.
La distrazione si è insinuata. Una deviazione da una direzione incerta. 
Quella distrazione ironica non è che l'amore.

martedì 23 agosto 2011

La luna infreddolita




La Luna infreddolita
chiese ad una Stella:
Scaldami!
Ma la Stella era troppo
lontana.
La Luna
guardandosi intorno
vide le Nuvole e disse:
Potete scaldarmi?
Esse la avvolsero.
Ma la Luna si ritrovò
più infreddolita e bagnata.
Allora l’Alba ed il Tramonto prese da compassione
le dissero:
chiedi alla Notte, il suo mantello è grande
e le sue frange
conoscono i caldi  raggi
del Sole.
La Luna da quella notte
si ricoprì di Tenebre
incontrando il Sole
ai confini di sé. 


lunedì 22 agosto 2011

Qualcosa di buono




Sto leggendo i quotidiani.
Mi chiedo..."eppure ci deve essere qualcosa di buono e sano in questo paese..."
Non lo trovo sulla carta, ma in due metri quadrati di un'ambulanza con un autista esperto, un'infermiera preparatissima dalle mani che sanno fare con cura ed un medico di colore dall'italiano stentato che comprende al volo la situazione, medica ed umana, e sceglie la cosa giusta da fare.
Uno sguardo d'intesa con l'infermiera che mi dice bisbigliando guardando il medico con occhi di stima e credo qualcosa d'altro che somiglia a quel sentimento che dovrebbe condire ogni nostra relazione di ogni ordine e grado, l'amore, "è bravissimo, peccato la lingua, ma lo aiuto io".
Mentre il soccorso prosegue mi rendo conto che già in questa micro società ambulante, senza fissa dimora perché la richiesta d'aiuto non ha patria, le difficoltà personali vengon mostrate e aiutate. Ci si capisce bene nella lingua del sostegno, i limiti linguistici del medico son forza nella traduzione dell'infermiera, dove un miserabile stipendio non ripaga nemmeno del fatto di essere uomini e donne che lavorano.
L'apparente pausa dell'autista, che ha condotto il piccolo drappello soccorritore, diventa una, ma anche due parole buone a chi aspetta con ansia che direzione prenderà la situazione momentaneamente in sospeso "conosco quella scorciatoia tra via... e l'imbocco della statale per far prima".
Allora l'attesa si fa rassicurante. Perché quel senso d'impotenza che ci prende quando non sappiam che fare per aiutare il nostro caro che sta male all'improvviso, e neanche l'aver chiamato aiuto basta a far tacere lo sgomento, trova una cura negli ambulanti della salvezza.
Che poi non si sa chi ha più bisogno, se il malato o chi gli è legato. Tutti e due e questa squadra dell'aiuto lo sa e c'è per tutti.
In questi due metri quadrati d'Italia, mi ricordo che esiste un'umanità bella, aperta, impegnata e piena d'amore.
Grazie per un soccorso a tutto tondo.

mercoledì 17 agosto 2011

La storia di Philip




La prima cosa che mi colpisce di Philip sono i suoi occhi, di un azzurro attento e di una vivacità curiosa.
Philip ha quasi 11 anni, traguardo a cui tiene fortemente, perché quell'uno dietro al primo deve segnare per lui un passaggio fondamentale. Prima sei bambino, poi sei ragazzo. E quella manciata di mesi che mancano al traguardo non contano, sono anzi di ostacolo al diventare grande e allora concordo con Philip che 11 anni è la sua età.
Del resto Philip è già andato all'università!
Sì, proprio così, alla Libera Università di Bolzano.
Siam seduti sotto un pergolato, al riparo da un sole postferragostiano che non accenna a rinfrescarsi e Philip aspetta fiero le mie domande sulla sua esperienza universitaria. 
Si fa largo in me una riflessione su quanto bello e importante debba essere da bambini e da ragazzi, sentirsi presi sul serio dagli adulti.
Per molti versi Philip è un ragazzo fortunato perché di adulti che pensano a lui e al suo futuro ne ha già incontrati parecchi. E son adulti che hanno visto lungo, che si son presi la meravigliosa responsabilità di occuparsi dei sogni, ma soprattutto della nascita dei desideri dei più piccoli. Cosa rara e come tale da diffondere il più possibile, fino a poterla rendere contagiosa.
A maggio di quest'anno, Philip è andato alla Libera Università di Bolzano, alla Junior Uni e ha frequentato tre lezioni di differenti materie: "Il mondo degli insetti", "Robotica" e "Acidi e Basi".
Quando chiedo a Philip di queste lezioni, mi spiega che gli hanno dato un camice bianco e che ha usato il microscopio per guardare gli insetti e la cosa che gli è piaciuta di più è stato mescolare gli acidi e le basi, "ho creato i colori" mi dice con quegli occhi che di colore ne hanno già tanto, ma che si riempiono di tutti quelli che ha creato proprio lui.
Poi Philip mi spiega che aveva una tabella, gli acidi da una parte, le basi da un'altra e alla fine uno spazio in cui aveva da scrivere che colore era venuto fuori dalle sue mescolanze.
Con la precisione dei dettagli Philip ci tiene che io capisca bene come sono andate le cose e comprendo, oltre a tutti i passaggi dell'esperimento, che Philip ha davvero vissuto appieno un'esperienza di vita oltre che di apprendimento, e che gli adulti che gli hanno offerto questa esperienza gli hanno donato la cosa più importante, la fiducia in se stesso e nel futuro. A tal punto che Philip mi dice che la lezione di Robotica se l'aspettava diversa da come l'ha vissuta "era per i bambini più piccoli, ci hanno fatto vedere un lego che si muoveva da solo". Bene! Penso io. Philip ha ricevuto già così tanto che pretende il meglio per sé, esperienze adeguate ai suoi bisogni di ragazzo e non più di bambino. 
Crescere significa soprattutto questo e son sicura che per quanto riguarda Philip questo succederà, mentre per gli altri bambini e ragazzi meno fortunati, che sono i più in questa difficile Italia, questa storia possa essere da forte stimolo per noi adulti. Per noi adulti che come il Rettore della Libera Università di Bolzano, come i genitori di Philip che hanno saputo riconoscere quale grande opportunità c'era nell'accompagnarlo in questa esperienza, abbiamo il sacro dovere di occuparci di quel luogo intimo interiore e fondamentale che è la nascita del desiderio. Luogo che contiene il futuro e la fiducia, la forza nelle proprie risorse per dar corpo alle proprie aspirazioni.
"Ho imparato cose che non sapevo prima e quando ho guardato nel microscopio e ho creato i colori, ho pensato che vorrò farlo da grande..." Philip!


http://www.unibz.it/it/public/university/default.html


                                                                                           Francesca Perlini

giovedì 11 agosto 2011

Invincibile




Una voce sorda, non per il suo timbro, ma per le mie orecchie,
è sempre stata qui.
In un punto del tutto ignoto del mio corpo.
L'ho cercata inutilmente nel compagno amato,
nel lavoro per cui son nata,
nel legame d'amicizia più sincero e indistruttibile,
nelle zolle della mia terra semplice, 
nel buono e nel suo contrario.
Un percorso che si è nutrito anche di strazianti fallimenti
e di incontri così sbagliati da esser perfetti,
per perdere ogni traccia che ci fosse un modo,
una strada,
un cuore ed una virtù altrui
in cui addormentarmi finalmente al sicuro.
Ogni perdita, un trionfo per Lei.
Dal vuoto, il suo spazio è apparso. Dentro,
dove è sempre stata, l'ho udita col mio timbro dire
"Sono e sarò sempre invincibile".
L'Anima.

domenica 7 agosto 2011

Maternità economica



Guernica - Pablo Picasso




L'economia fa più morti delle guerre.
Figlie della stessa madre.
L'economia.


giovedì 4 agosto 2011

L' uno e il due



Il bacio di Pablo Picasso




Ci son vite che s'avvicinano così tanto da infuocarsi fondendosi
e di quel fuoco posson perder memoria di chi son stati.
Di sublime e tormento, il quotidiano s'allontana come
fosse casa angusta da abitare.
E là, in quel luogo fatuo,
fatale è il risveglio all'unione,
che di strazio si fa due.
L'uno tradito è due
e non resta che ritrovarsi uno in sé. 







lunedì 1 agosto 2011

Un viaggio si è concluso e uno nuovo se ne apre con nuove visioni in valigia

Poi capita di far recensioni


E’ dal posto in cui mi trovo con me stessa che un libro varca la soglia della mia lettura e della mia vita. E il momento della scelta e non è mai casuale. E’ la ricerca che nasce dal desiderio di allargare l’orizzonte della mia vita, nutrendo ciò che sento come bisogno, anche di ciò che non conosco ancora.
Dopo un lutto, che elaboro ancora, senza fretta, dopo la fase più difficile in cui anche solo sentire la parola piacere era una ribellione totale, il respiro ha cominciato a farsi più lungo, i muscoli più distesi e la mente più sgombra. S’è creato uno spazio. Uno spazio di lieve curiosità, in altra parole la vitalità ha ripreso a scorrere e puntuali ecco arrivare stimoli, aperture e possibilità. In questo “luogo interiore” è arrivata Evelyne Bissone Jeufroy col suo libro "Quattro piaceri al giorno, come minimo!" Di Renzo editore
Si, perché è lo scrittore che incontro  prima del contenuto.
Evelyne (amichevolmente), trovo abbia avuto coraggio nel presentare una visione che incontra ancora critiche e porte chiuse perché troppo poco “scientifica” . Il tempo, di cui c’è sempre bisogno, farà il suo corso e anche nel mondo accademico ci saranno trasformazioni, ovviamente anche grazie ad autori e professionisti che s’impegnano a scriverne. I casi clinici e di vita di cui racconta non sono prove della veridicità del metodo, o meglio, sarebbe meglio non leggerli in questo modo (anche se credo che Evelyne se ne serva per suffragare la sua pratica) ma come appunti di viaggio da cui lasciarsi toccare se anche solo qualche parola o fatto risuona nella nostra esistenza. Come un tocco lieve che può accendere una curiosità, una domanda che non ci si è mai posti, un dubbio rispetto ad una convinzione consolidata. 
Questo libro è una possibilità. E’ così che l’ho letto.  
Laddove scorre troppo velocemente e non approfondisce i tanti passaggi del percorso della persona di cui sta narrando, è proprio in quello spazio vuoto che il lettore/individuo  può  muoversi  liberamente, senza spinte da parte della terapeuta/scrittrice e chiedersi magari che senso hanno per  lui quelle righe. E’ in questo spazio che apprezzo Evelyne come terapeuta perché non invadente con la sua personalità, ma capace di tracciare un contenitore sicuro entro cui il paziente può cercare, sperimentare, sbagliare, anche perdersi per ritrovarsi sulle sue gambe. Evelyne la consiglierei come terapeuta ed anche il suo piccolo libro.
A me sta servendo.
Questo libro arriva dopo “Uscire dal lutto” e non è un caso. Perché andare nel proprio vero piacere, nella gioia, nell’apprezzamento e nella soddisfazione è un percorso, non è né un metodo né qualcosa che si trova là fuori acquistabile o da assumere. Il piacere va cercato dentro e tirato fuori con una mole di coraggio enorme, perché prendersi la responsabilità in mano della propria vita è difficile, doloroso e faticoso. Ma se ciò che si trova è la nostra essenza, chi siamo veramente, allora intraprendere questo  viaggio ne sarà valsa la pena.
I due testi andrebbero letti assieme e questo non so come possa funzionare dal punto di vista editoriale, ma varrebbe la pena pensarci e trovare una bella soluzione creativa.
E ora una parola per l’editore. Bravo! Grazie per questo spazio, che in quanto tale può essere riempito lasciando sempre dei meandri in cui chi ha qualcosa da narrare possa farlo per continuare questo avventuroso viaggio che è la vita.
Francesca Perlini