venerdì 28 ottobre 2011

Valdivertica

Valdivertica (foto di Francesca Perlini)

Questa è la storia di uno scambio e di due vecchie biciclette dimenticate nel mio garage, uscite dallo sguardo dell'ancora utile, divenute peso ingombrante di cui liberarmi.
Ma in fondo è solo una questione di occhi, di cosa c'è dietro lo sguardo, su cosa si prende la mira per ammirare o per distruggere.
Oggi mi muovo per incontrare un nuovo amico. Cristian Tava mi aspetta a Valdivertica, contrada che insieme alle tradizioni del luogo antico è abitata da due famiglie, una è la sua. 
Famiglie che hanno fatto scelte di vita importanti.
Percorro verso l'interno (che continua ad essere l'unico luogo interessante per me) la Strada Provinciale 424, del fiume Cesano gemella diversa per direzioni e intenzioni.
L'animo è ansioso per l'incontro. Ad attendermi non c'è solo un luogo, con cui avrò il silenzio e l'intima solitudine per conoscenza. Ad attendermi ci son vite che valicheranno i confini della mia intima solitudine, e quell'interrogativo e imbarazzante dubbio su come avvicinarmi. 
Linea lenta, di tonde morbidezze, di direzione perfetta è il fiume Cesano.
Linea certa, di continui e infiniti traguardi, di ritorno più che di andata è la Provinciale Cesanense.
Linea ignota, seppur da stabilire è quella di confine. Confine umano.
All'altezza dell'abitato di San Filippo sul Cesano, volto a destra seguendo le indicazioni per Orciano. Dopo poco meno di tre chilometri di tornanti, Valdivertica indica di lasciare la via conosciuta, per deviare su vie nuove. L'ansia aumenta e i confini si fan più vicini.
Mi fermo sul viale alberato che precede il borgo. Lo sguardo si sdoppia, le suggestioni in coppia, come quasi sempre mi succede sui crinali. Il deserto coltivato, quel paesaggio di fine ottobre, prepotentemente marrone di terra nuda, che al grido sommesso di esser ricoperta di verdi manti discreti, l'uomo operoso ha risposto con orrende case sparse degli anni nuovi, quelli venuti dopo l'ultima guerra. Guerra che si è fatta paesaggio.
Il doppio, due paesi vicini a rimbalzo di collina, Mondavio e Orciano, che con i loro campanili spingono lo sguardo a sollevare, ad alleviare dalle oscenità umane con scene alte, d'anelito verso l'Altissimo a pregar perdono e salvezza.
L'ora dell'incontro si fa pronta e arrivo al borgo, dove ancora una volta il senso delle cose presenti sconvolge il precedente. E' la bellezza ad accogliermi. 


Valdivertica (foto di Francesca Perlini)


Il salto è alto, la vertigine dello stupore mi sorprende ed il sorriso di Cristian che mi viene incontro mi rassicura e mi riporta a terra. 
In quelle pietre di una piccola chiesa con la canonica di mattoni accompagnata, mi ricordo che l'uomo è anche questo, capace di straordinaria armonia e ascolto con la terra su cui posa la sua pietra.
Vengo accompagnata dalla generosità di Cristian, a conoscere il suo intento di vita con questa terra. Non so se sia più il luogo o Cristian a raccontarmi che qui la solidarietà sta di casa. E' un dialogo tra loro, di un'intimità talmente rispettosa, da sovvertire con una tale naturalezza, quello sbandamento del mondo moderno.
Mi sento di nuovo a casa, ed il senso di gratitudine non fa che sciogliere quell'ansia da confine che m'inquieta da sempre.
L'orto che è sinergico, unione di energie nate dal sodalizio d'intenti, sia del seme che dell'animo umano, sembra farsi da solo, senza sforzo, senza forzare la vita che cresce da sola. La vita nasce, cresce e muore. C'è da sforzarsi perchè accada? In questo borgo che Cristian e gli altri abitanti amano chiamare solidale, c'è la risposta. 
Una risposta talmente ampia da esser scatola nelle parole di Cristian. Scatola in cui chi viene possa mettere il suo seme e dell'aiuto reciproco crescere, attraverso un contatto diretto con la terra in cui viene posato.
Già secoli addietro dei monaci hanno vissuto questo lembo di terra. Ci voglion piedi attenti e curiosi per riconoscere la vocazione dei luoghi e immagino che un monaco durante una solitaria camminata, si sia seduto nell'avvallo che guarda verso il Cesano, all'ombra di aceri campestri e che si sia meravigliato della bellezza della sua nuova preghiera. Preghiera che nel suo animo s'è fatta ispirazione e guardandosi attorno non abbia fatto altro che constatare che si trovava nel posto giusto e al momento giusto, a casa. E che sia corso dai suoi fratelli ad annunciare che il Sacro si era manifestato e che potevano finalmente lasciare quel vagabondare alla ricerca del luogo in cui fermarsi.
Le famiglie di Cristian e di Alfredo rinnovano lo spirito del luogo e ascoltandoli rinnovano anche loro stessi. Così come le due vecchie biciclette, che col mio unico sguardo eran da buttare per la limitatezza del senso di proprietà. Qui hanno ripreso vita. 
Perchè il morente, il desueto e l'abbandonato quando passano attraverso la solidarietà umana riprendono vigore e si trasformano in continuità e rapporti franchi e diretti.
Me ne vado dal borgo con la sensazione di aver trovato un'altra piccola isola in cui sentirmi a casa. Nello scambio ci ho guadagnato più io.


                                                                                               
Se volete visitare il Borgo Solidale di Valdivertica: http://www.borgosolidale.net/



2 commenti:

  1. Di borgo in borgo, ci sveli un paesaggio interiore colto da noi solo in superficie. Nell'intimo tu ti trasformi in cammino, in strada, in zolla, in pietra, in case,in orti, in silenzi e nuvole. Il racconto, che si dipana denso come la terra e ondulato come le colline, restituisce a noi questo sentire e ci offre un modo nuovo e autentico di entrare nelle cose.

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  2. Ti ringrazio Catia, hai colto ciò che sento. Francesca

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