mercoledì 27 agosto 2014

Quante voci di cui è fitto il bosco





Come si apre nel bosco la mia veste carne, la compagnia con donne attorno a legami dentro cui cerco l'inizio di ogni cosa il battito che mi riconosce la disputa del sì e del no. Figure che appaiono leggere di garza, bianca, corpi nel corpo del bosco capace di guarigione. 

Marina Cvetaeva, da Versi per l'orfano

Se potessi prenderei
nell'utero della caverna:
nella caverna del drago,
nell'anfratto della pantera

con queste zampe di pantera,
se potessi prenderei.

In seno alla natura, nel letto della natura.
Se potessi questa pelle di pantera
mi sfilerei...
La affiderei all'anfratto: che serva allo studio!
Del folto, dell'edera, dell'equiseto e del fiume,

là, dove nel sopore, nel buio e nella lotta,
si intrecciano i rami in vani matrimoni...

Là, dove nel granito, nel tiglio e nel latte,
si intrecciano le mani in perpetui legami
come i rami e i fiumi...

Nella caverna senza luce, nell'anfratto senza orma.
Nel folto, nel verde, e nel verde come in un mantello...

E non il vasto mondo, e non il pane nero:
nella rugiada e nel folto, nel folto come in un vincolo...

Purché alla porta non si bussi,
alla finestra non si gridi,
purché più non si verifichi,
purché nei secoli non si concluda !

Ma è poco una caverna,
è poco un anfratto !
Se potessi prenderei
nella caverna dell'utero.

Se potessi
prenderei.

1936

(traduzione di Margherita Crepax)



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