Tratto dall'azione "L'amore non s'immagina, si abbandona" .
Azione che avverràVenerdì 10 ottobre, alle ore 21, all'Eremo di Monte Giove (PU). Voci
Ai canti, l' Officiante *Frida Neri Darà voce al Bosco *Marino Mazzola All'abito bianco *Francesca Perlini
Testo di Francesca Perlini Gli spettatori saranno testimoni dell'azione. Avvicinandosi al luogo dello sposalizio, daranno corpo con i loro corpi allo strascico della sposa. Siete invitati! Se di vostro gradimento, alla fine dell'azione potrete lasciare un'offerta.
La luce morbida di settembre; le ombre che si allungano, distendendo un tempo fitto di calma; la vigna (che quest'anno si è ammalata irrimediabilmente), del rosso più buono che ho bevuto nelle case di chi lo fa, luogo in cui ho scritto la maggior parte dello sposalizio; le poche zanzare in giro; l'abito pronto alla prima prova; il terzo sì (quello che darà voce al Bosco); il secondo (che officerà cantando); un bosco all'orizzonte (che pure in caso di pioggia riparerà l'azione); la pazienza di chi ha ascoltato tutte le bozze fino allo sfinimento; le dita incrociate per il quarto sì, affinché il bosco da orizzonte diventi se stesso per sposarsi con me; tutte queste cose insieme sono "L'amore non s'immagina, si abbandona". E' utile dire che siete tutti invitati, perché chi mi conosce sa che faccio quasi tutto in solitaria, ma questa volta, la mia voce, il mio corpo, da soli, non avrebbero potuto alcun rito, nessun accenno di vitalità. Per cui "3" corpi, "3" voci, "3" donne, nel quarto corpo Bosco, produrranno la scena azione di un matrimonio che ho rimandato troppo a lungo. Questa immaginazione che ritarda e rimanda ciò che si vuole. A breve i dettagli per arrivare al Bosco, all'ora giusta.
Senza dubbio il 2014 è anno di chiusure. Avere accumulato quarantacinque anni d'esistenza è quantità sufficiente di vita per stratificare eventi, incontri e esperienze che rispondono anch'essi alla lucida legge del "tutto inizia, tutto muore". Tutto inizia, tutto muore. Tutto. Tutti. Anche certi ritorni che partiti nuovamente lasciano la percezione di uno spazio liberato. Pur tuttavia una morte. Non ce l'ha fatta nemmeno il decenne albero di Natale di plastica. Scambiato, dai gattini nati tre mesi fa, per un eccellente surrogato di giochi. Qualcosa d'indifferenziabile, con quella plastichina tutta smangiucchiata al limite delle briciole fusa al metallo che la sosteneva come abete pendente. E ora che me ne faccio di un baule di decorazioni? Scelte scrupolosamente rosse. Poche sfumature per non coprire le storie narrate da ogni singolo pezzo. Della chiusura rimangono scorie, macerie nella chiusa di legami solidificanti. E dunque, macerie macigni che pesano il peso specifico dell'assenza.