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"nel riflesso"
scatto di francescaperlini |
Tre sono i
momenti nel viaggio dentro i paesi: quello del vivere; dell’ascolto di ciò che
vivo e dello scrivere di ritorno a casa. E succede che il tempo di cottura di
una torta sia d’ispirazione e mistero come per gli ingredienti nel calore a 180
gradi e che i dettagli, già memoria, si mescolino all’odore del sempre più
cotto e gonfio dolce. E’ ciò che proviene a divenire parola e significato
dell’incontro con Apecchio. Risalita la SP 257, attraversando i fianchi della
storia geologica di fondali marini stratificati e riemersi, giungo ad Apecchio
in una giornata umida e tiepida di marzo. Mi accompagna mia figlia che sta
attraversando l’onda lunga dell’adolescenza come le rocce appena lasciate. Son
movimenti tellurici dell’esistenza il tentativo di uscire fuori da spinte
laceranti e sotterranee. Crescere somiglia ad un’espulsione, come quando nacque
dal mio corpo.
Camminiamo
silenziose tra i vicoli e nuovo è il riflesso di guardare il paese attraverso i
suoi movimenti.
Sarà per
questo che anche i muri di pietra mi paiono morbidi e lenitivi?
Come se lo
sguardo di questa giovanissima donna lenisse toccando la durezza del vivere in
un paese di montagna, interno e solo come una donna in strada ci dice.
Quasi
scivoliamo tra le vie e le salite verso il paese alto con la stessa fluidità
delle acque del Biscubio. Forse Apecchio ha nell’anima qualcosa di terapeutico,
quanto un balsamo su ferite brucianti e manifeste sono sia le ferite che i
rimedi. Perché nascondere?
(continua)